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Quel "filo" che legava Sartori al Casentino

Si è spento a 92 anni Giovanni Sartori, politologo, docente universitario e saggista, stiano d'adozione per il lavoro del padre

C'era un filo che legava Giovanni Sartori e il Casentino, in particolare Stia. 

Un filo "di lana" verrebbe da dire visto che la radice del suo legame con questa terra era proprio l'ex Lanificio di Stia dove il padre fu direttore per molti anni. Una figura storica nella comunità locale tanto da dare il nome alla strada che porta all'ex stabilimento che oggi rivive nel Museo dell'Arte della Lana sorto dal recupero architettonico della vecchia fabbrica. 

Fu lo stesso politologo - oggi pianto da tutta Italia - a parlarne apertamente alcuni anni fa in un'intervista al quotidiano La Repubblica dove dichiarò: "Mio padre dirigeva il lanificio di Stia non lontano da Arezzo, che ora è diventato museo dell’arte della lana. Non ci ho mai più messo piede. Mi fa soffrire questo posto dove ho trascorso buona parte dell’infanzia. E’ un grumo legato alla memoria di mio padre. Durante la guerra, mentre tutti scappavano via, lui restò lì per provare a difendere la sua fabbrica e i 450 operai che vi lavoravano. Riuscì a dissuadere i tedeschi che volevano far saltare l’intero edificio. Alla fine distrussero solo i macchinari. Mio padre soffrì enormemente. Quella che lui aveva creato a Stia era una piccola comunità dove tutti si conoscevano e si rispettavano”.

Un collegamento sentimentale che Sartori a quanto pare non aveva assolutamente dimenticato e che forse ricordava  con un pizzico di nostalgia e di malinconia.