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Cronaca giovedì 01 dicembre 2016 ore 14:47

Ma quale bullismo? Il preside fa chiarezza

Un presunto caso di bullismo riportato da alcuni media ha spinto il preside dell'Iis di Bibbiena a scrivere per chiarire la vicenda



BIBBIENA — "Negli ultimi tempi il nostro Istituto è stato spesso al centro dell’attenzione sui media locali, sia per i meriti raggiunti dai nostri studenti e docenti, sia per fatti di cronaca che hanno suscitato l’uso di termini fuorvianti rispetto a una realtà che vogliamo precisare, solo per fare chiarezza e senza intenzioni polemiche". Spiega Gianfranco Gentili, dirigente scolastico  dell'Istituto Enrico Fermi di Bibbiena.

"Non possiamo tollerare che si usi un termine come “bullismo” - continua il dirigente scolastico - giornalisticamente di moda ma non adatto a descrivere cosa è accaduto alcuni giorni fa nella nostra scuola professionale. La vittima di bullismo è così definita per il suo atteggiamento di autoemarginazione, dovuto ad una sofferenza che ha spesso, purtroppo, un epilogo drammatico. Una lite fra due studenti non può e non deve essere inquadrata come episodio di bullismo. Lo sanno bene i nostri docenti che seguono costantemente corsi ed aggiornamenti su questo difficile problema."

Perché sta tanto a cuore l’aggiornamento?

"Perché una delle caratteristiche di un Istituto Professionale è quella di accogliere, e di formare nel migliore dei modi, anche ragazzi con storie difficili alle spalle: giovani che hanno l’obbligo di frequenza ma che ne farebbero volentieri a meno, o con difficoltà di apprendimento ecc. Garantire a tutti un percorso di studi di qualità non solo è il nostro fiore all’occhiello, ma è il modo migliore per includere soggetti “a rischio” in realtà ben integrate."

Allora tutto è consentito nel nome della inclusione ad ogni costo?

"Inclusione sì, sempre e comunque. Ma insieme al rispetto delle regole. Lo studente protagonista dell’aggressione al compagno è stato punito con severità. Come? Lasciandolo a casa? No, facendogli scontare una parte della sua punizione a scuola, perché si confronti coi compagni, gli insegnanti, le regole. Emarginare qualcuno porta solo a risultati opposti a quelli che una scuola deve perseguire. Accettare che questi problemi ci siano è condizione essenziale per tentare di risolverli."

Dov’è allora che si fa disinformazione?

"Quando si allude a un intervento dei CC e del 118 in seguito alla lite, narrata come “episodio di bullismo” con tanto di foto fattachissà dove, mentre i sanitari erano venuti a scuola il giorno prima per uno studente colto da malore che non c’entrava nulla con l’evento; e i militi erano entrati in accordo con noi ed i familiari del giovane poi aggredito, per controllare una situazione potenzialmente pericolosa per fatti accaduti fuori. Se uno studente si sente male noi chiamiamo la famiglia ma anche il 118, per essere certi che il caso sia seguito adeguatamente. Lo stesso per minacce o intemperanze, avvertiamo le forze dell’ordine perché serve un intervento idoneo e professionale. Ognuno deve fare il suo mestiere. A scuola si fa formazione, non (dis)informazione."


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