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Attualità mercoledì 27 gennaio 2016 ore 07:00

La Memoria tutti i giorni

Nella Giornata della Memoria delle vittime dell'olocauso, la riflessione di Francesco Trenti, direttore del Museo Archeologico di Bibbiena



PRATOVECCHIO-STIA — "Il 27 gennaio saranno passati 71 anni dalla liberazione da parte delle truppe alleate del campo di sterminio di Auschwitz e come ogni anno dal 2005, data della sua istituzione da parte dell’ONU, il mondo commemorerà le vittime dell’Olocausto o meglio, come lo definisce lo stesso popolo ebraico, della Shoah. Sulle tv, nelle pagine dei giornali, sul web si rincorreranno le dichiarazioni ed i ricordi; i canali televisivi faranno a gara a chi trasmetterà il film più toccante, magari per l’occasione senza interruzioni pubblicitarie; nelle scuole si vedrà qualche documentario o si leggeranno alcuni passaggi dal Diario di Anna Frank. Il 28 gennaio, poi, tutto tornerà alla consueta routine e per un altro anno non si riparlerà della questione; fino alla successiva giornata della memoria (e ce ne sono tante, da quella “delle vittime del terrorismo”, a quella “della pace”, a quella “per la verità e la giustizia”) proprio la memoria stessa verrà relegata da una parte, come un cappotto pesante in estate.

Hannah Arendt in qualche modo aveva predetto questo comportamento mentre assisteva al processo ad Eichmann a Gerusalemme nel 1961: il male, nel senso più lato del termine, da quello assoluto esemplificato dalla cosiddetta “soluzione finale” a quello quotidiano, è banale, umano, lo incontriamo ogni giorno nelle nostre vite e del male siamo magari noi stessi attori più o meno inconsapevoli.

Esiste allora una soluzione? Il male è come una malattia cronica, non un virus: lo si sconfigge non con un vaccino ma con una cura continuativa. E questa cura continuativa non può essere che una e una sola: la conoscenza.

Ben vengano quindi commemorazioni, eventi, manifestazioni, ma finché la conoscenza dei fatti non si trasformerà in coscienza dell’accaduto, il male continuerà il suo lavoro carsico dentro di noi, mostrandosi infine per quello che in realtà è: normale, umano, banale."

Francesco Trenti


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