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martedì 08 ottobre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

​“D” come delitto

di Marco Celati - giovedì 15 giugno 2023 ore 17:09

Dove vanno a finire i pensieri? E le nuvole che i venti Alisei si portano via? E le vite, dove? La mia è approdata su queste isole, al confine del mare e del cielo. Terre emerse e vulcani che un tempo furono rotte di schiavi per navi negriere e ora sono libera scelta di viaggi e avventure, di aerei e aeroporti, di scali e pensioni. Non è un’avventura senza senso la vita? Un naufragio, un provvisorio salvataggio: forse si salva solo chi tira in secco, chi ammara la barca tra le siepi. Così pensava il commissario camminando, le mani tenendole dietro la schiena. Ciondolava curvo verso casa sul porto di Mindelo. Che poi era una pensione e anche lui era un pensionato e solo un tempo, un altro secolo e un altro mondo, era stato commissario. Di pubblica sicurezza, niente meno!

Alla reception, nella cassetta postale c’è una lettera stranamente affrancata: commissario Nedo Favati. Chissà se anche chi scriveva il suo nome e cognome ne rideva come lui che per destino, come per una storia mal scritta, così si schiamava. Nella lettera un biglietto con vergato a mano: “Num pic nic na Salamansa/ s era três ta rolá na areia/ nô brincá, nô cantá, nô dansá/ na bem nô ta tão sabe nô fazé jent txorá”. Quinta-feira, 1 de Junho. Dia da Juventude. “D”. È una canzone famosa di Césaria Évora: “Durante un picnic a Salamansa/ eravamo in tre a rotolarci nella sabbia/ abbiamo suonato, cantato, ballato/ tanto che ci siamo sentiti così bene quando siamo tornati, e la gente ha pianto”. Più o meno. Nonostante gli anni a Capo Verde, capiva ancora poco il portoghese, figuriamoci il creolo! La data, Giovedì primo Giugno, era un appuntamento? Il Giorno della Gioventù una presa per il culo. Poi, va bene la canzone, ma perché citare il verso che dice eravamo in tre sulla spiaggia? E il divertimento che si congiunge al pianto? Allegria e tristezza si susseguono. “D” era un mistero. Una donna che da tempo gli scriveva, celandosi e citando spesso Montale. L’aveva studiato in gioventù in Italia, come gli aveva scritto, anche indirizzandolo alla soluzione di un caso delittuoso.

Salamansa è una baia, una grande spiaggia, sabbia gialla, un villaggio sperduto, una chiesa, un campo sportivo. Un mare verde smeraldo con le onde per i surfisti o quei matti che volano sul mare spinti dagli aquiloni e dal vento. A sei chilometri e mezzo da Mindelo: in auto, taxi o aluguer, un quarto d’ora. A piedi un’ora e mezzo circa. Quel giorno, che era davvero la Festa della Gioventù, molti sarebbero andati, l’ora era imprecisata, ma a Capo Verde non ci sono ore, conta più il tempo. Per ingannarlo, ingannando anche l’età, zainetto in spalla, decise di farsela a piedi, di buon mattino. Era rimasto solo, dopo la morte di Pilar. La voglia di conoscere e incontrare “D” era troppo forte. In fondo, pur sotto quel sole, quella luce dal cielo che riverberano la terra arida e il mare verdeazzurro, era un appuntamento al buio. Intrigante. Lontano, perduto, per ritrovarsi, in mezzo all’Oceano. Al largo della vita.

Arriva a Salamansa che è metà mattina, stende l’asciugamano, si siede all’ombra delle barche variopinte dei pescatori, per il sole ha un cappello, ma c’è qualche nube. Guarda il mare e la spiaggia. Ci sono ancora rare persone. Vengono a coppie e a gruppi. Alcuni si appartano tra le dune. Amore? Chissà? Il turismo sessuale è una piaga. L’arenile è grandioso e si perde fino alle rocce scure che delimitano la baia. Verrà “D”?

L’oceano si muove, non sta fermo mai. Qualche surfista sulle onde od in volo. Il commissario fa un tuffo per ingannare l’attesa e perché non si resiste a quel mare. Si teme, ma non si resiste. Un tempo nuotava lontano, ma ora ha paura, si avventura di meno: un bel po’ di bracciate davanti alla baia, assecondando e sfidando la corrente. Poi, a testa sotto, mulinando le braccia, si lascia riportare dalle onde spumose alla riva. Si stende sull’asciugamano, lasciando fare al sole ed al vento.

Si va così, tra noia, sonno e pensieri fino all’ora di pranzo. C’è un piccolo bar scalcinato dal tempo e dal sole, ma lui si è portato un panino con qualcosa e acqua da bere. A starsene solo è il più bravo di tutti: un campione. Sennonché il destino ha deciso altrimenti: né mangiare, né stare da soli. Un brusio dal fondo della spiaggia, la gente si muove, grida. Per vizio e dovere d’ufficio accorre anche lui.

Il male ci segue anche nei giorni di festa, sulle isole belle, sulle spiagge dorate e sperdute, sotto il sole a picco o calante, al chiarore delle stelle o nelle notti oscure ed illuni. Un uomo di mezza età, chiaro di carnato, era a terra con due coltelli nel petto, già bello che defunto. Il morto è servito! Non solo le risa vanno in pianto, ma la vita e la morte si inseguono come in un tragico cerchio ininterrotto. Il commissario telefona a Perez, il comandante di Mindelo, si conoscono, ma probabilmente qualcuno aveva già chiamato perché la polizia arriva di lì a poco.

⁃ Una rapina finita male?

Si chiede ad alta voce Perez.

⁃ Non credo, comandante: due coltelli, pugnalato al cuore, non sarà un delitto passionale?

⁃ Accidenti! Gli ultimi omicidi alzano la media dei delitti: era calata e anche se la percentuale dei furti è aumentata, alla fine era meglio così.

La replica era comprensibile, anche ai suoi tempi in Italia e in Toscana, il tema della sicurezza era spinoso.

⁃ Comandante, mi dai uno strappo a Mindelo?

⁃ Volentieri

⁃ Grazie, vado a prendere lo zaino.

Il commissario torna all’asciugamano. Sopra, neanche a dirlo, c’è una lettera. C’è scritto O poeta e um fingidor”. E la firma: “D”. Questa volta Pessoa! Che vorrà dire? E perché non si è fatta vedere? Perché tutti questi misteri? Nell’auto, sulla via del ritorno, il commissario chiede a Perez se avevano già identificato l’ucciso.

⁃ Sì, è un certo Carlos del Cerro Grande, di origine spagnola…

⁃ Che fa, che faceva di mestiere?

⁃ Era un maestro, scriveva poesie.

⁃ Cazzo!

⁃ Perché? Qualcosa contro i poeti?

⁃ No, ci mancherebbe. Mi è venuto così, per contrasto.

⁃ Caro Nedo, a vida não é um poema!

⁃ È vero: la vita non è una poesia, nem mesmo a morte.

⁃ Nemmeno la morte, è ancora più vero. Alla fine un po’ di portoghese ti è entrato in testa, commissario.

⁃ Mmm… Meno male te conosci l’italiano meglio di quanto io sappia di portoghese o di creolo!

Tudo bem, siamo arrivati, se ti viene in mente qualcosa, chiamami. Boa noite, commissario.

Boa noite, comandante.

Perez continuava a chiamarlo commissario, anche se non lo era più da tempo. Diceva che i gradi della divisa o i titoli restano dentro di noi per tutta la vita, se li abbiamo portati bene. E questo riconoscimento o semplice complimento, che fosse vero o meno, gli faceva piacere, lo inorgogliva. Avevano collaborato, in passato. Ma ora era atterrito: cosa stava a significare il verso “il poeta è un fingitore”? E che strana coincidenza quel riferimento con l’uccisione di quel poeta! Tra l’altro un riferimento non nuovo, il poeta assassinato: da Apollinaire a Pasolini, passando per Edgar Allan Poe e Michael Connelly.

Quella notte il commissario si girò e rigirò nel letto, non riusciva a dormire. Lo disturbavano l’impeto del vento, l’urlo del mare che cresceva, il sudario delle lenzuola e, sopratutto, l’assillo di un dubbio, un sospetto che tentava di ricacciare, di tacere perfino a se stesso. Il giorno seguente trascorse indolente, vuoto come la vita quando la vita è vuota. La sera sulla sua panchina rileggeva “L’uomo che guardava passare i treni”, Simenon: quelli sì che sono scrittori! E lui che se ne stava sul porto a vedere passare le barche, i traghetti e, al largo, la petroliera tentare l’Oceano inquieto, speriamo di non impazzire, pensava, di non precipitare mai nella sonnolente indifferenza del delitto e del male. Lesse fino a che il sole tramontò e le prime luci si accesero, oscillando nel vento e nel mare, fino a che gli occhi non gli bruciarono e la vista si fece fioca. Allora chiuse il libro e rientrò.

Nella posta, se lo aspettava, c’era una lettera indirizzata a lui. Il cuore gli sobbalzò, accompagnando il tremolio delle mani. Non l’aprì subito, consumò un pasto frugale, apparecchiato sul terrazzino: formaggio caprino e insalata dal frigo, una banana e via. Tenersi leggeri, meglio. Sul tavolo, davanti a lui, stava chiusa la lettera: commissario Nedo Favati. Più sodad che morabeza, più tristezza che felicità, una Strela non bastava, non era notte da birra leggera, stappò una bottiglia di Châ das Caldeiras, il vino rosso di Fogo, l’isola del vulcano. Possente e profumato, l’aveva messo da parte per inesistenti occasioni o disperate. E forse questo era il momento per tutte e due. Aprì la lettera.

Caro Commissario,

mi devo scusare con te se non mi sono presentata, come forse tu attendevi ed anchio. Ma lo sai che cosa erano Le Occasioni” per Montale: la ricerca di un incontro che subito è separazione. Così è per me, così è per noi. Fu un errore conoscersi, un errore che tento di ripetere perché solo il farnetico è certezza”, scriveva. Chissà. Però immagino che altre sono le domande che ti fai. Perché so di quel poeta” ucciso, perché ero lì? Che parte ne ho, se ne ho?

, ne ho. Centro qualcosa. Conoscevo quelluomo, un maestro di niente, un poetastro che a Pessoa non gli lega nemmeno le scarpe. Pessoa era un serio fingitore, lui soltanto un fedifrago imbroglione. Aveva sedotto una mia carissima amica e se la faceva con unaltra e Dio sa quante altre tresche imbandiva: la poesia aiuta, come qualche accordo di chitarra. Un giro di do e via. La vita poi, ad arte, sa essere prosastica. La mia amica era incinta. Anche l’altra. Adesso ti chiederai quanto mi era cara: tantissimo, te lho detto. Ti disturba? Lamore piglia in tanti modi. E nessuno lo comanda. Potrei amare anche te come ho amato lei. Se fosse amore non ci sarebbero limiti. Perché amare è amare, perfino più che vivere, mio caro. Montale ha amato, ha avuto tante muse ispiratrici, Annetta, Gerti, Clizia-Irma Brandeis, la Volpe-Maria Luisa Spaziani, altre. La moglie, Drusilla Tanzi, la Mosca, ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino… Con te le ho scese perché sapevo che di noi due, le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue”. Minacciò di uccidersi per la relazione del poeta con Irma. Le malelingue, in genere giornalisti, ne confondono perfino le foto. Per i critici, in prevalenza maschi, le muse sono senhal”, dal provenzale. Per le donne sono solo amori.

Sono stata io ad uccidere il poeta”? No, io non farei mai male ad anima viva. Però ne ho responsabilità e capirò se ne trarrai le conseguenze, sei stato un commissario in Italia, in fondo ancora lo sei. Ho invitato io tutti e tre a Salamansa: quelluomo, la comune amica, laltra. E anche te, perché chissà cosa speravo. Forse volevo finirla coi misteri e che la tresca si svelasse e ci fosse, testimone, la giustizia. Anche se non era una questione di giustizia, quanto di morale. Sono una sciocca. Ma non avrei mai pensato a quel delittuoso epilogo! È orribile. Ci sono tanti femminicidi in questo tempo brutale e, in fondo, una vendetta… Ma non mi dà nessuna soddisfazione nemmeno pensarlo. Mi dispiace. Pilar era migliore. Fai quello che devi. Vorrei dirti che "l'attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito”. Ma è solo una citazione, il sogno di un prigioniero e a vida não é um poema, la vita non è una poesia. Ma questo già lo sai.

Un bacio

“D”

Un bacio! Era un finale impegnativo, altre frasi lo erano, ma la lettera bruciava tra le mani, più della passione. Un’altra passione gli premeva nel petto, come una divisa che gli andasse stretta: commissario dei miei stivali! Aveva finito il vino di Fogo. Il mare era gonfio, si sentiva, il vento non si teneva. Andò a letto, fuori e dentro infuriava la bufera, ma crollò, dormì senza sogni. La mattina seguente, senza pensarci perché pensare faceva troppo male, la testa come il cuore, uscì e andò da Perez. Gli raccontò delle lettere. Tutto.

La Cadeia Civil da Ribeirinha, il Carcere di Mindelo, sta in uno spazio ampio a pianta trapezoidale, circondato da mura, poco fuori Mindelo. All’ingresso c’è un grande piazzale e poi gli edifici del penitenziario. Le prigioni a Capo Verde hanno una triste fama, un’orribile memoria, ma non qui: a Tarrafal nell’Isola di Santiago c’era il campo di concentramento usato da Salazar, il dittatore portoghese, per internare gli oppositori del regime fascista. Venivano lasciati morire per le torture, le sofferenze e gli stenti. Dopo l’incruenta Rivoluzione dei Garofani, la Revolução dos cravos del 25 Aprile 1974 e la Liberazione, il carcere è divenuto museo della Resistenza. Ma ogni carcere incute timore, spaventa soltanto a metterci piede: là dentro più nessuno è incolpevole. Così si sente. Il commissario aveva ottenuto il permesso per una visita, un colloquio. E la vide: ammanettata, con la divisa da carcerata, alta, magra, pelle chiara, forse pallida, capelli corti e neri, alla Luise Brooks, occhi azzurri assassini, quelli sì, una certa età. Bella. Al secolo Dores Carneiro do Nascimento. Famiglia borghese, benestante, di origine portoghese. Frequentazione europea: non molti si possono permettere studi dei figli all’estero. Al comandante Perez era occorso poco tempo per scoprirne l’identità. La donna si sedette nella piccola stanza, separata da un divisorio di vetro dall’uditorio. Dei fori consentivano l’ascolto.

Bom dia, commissario.

⁃ Buon giorno, Dores.

⁃ Ci si conosce finalmente, ma non è così che avrei voluto.

Nemmeno il commissario era in questo modo che avrebbe voluto conoscere “D”, era senza fiato.

⁃ Respira commissario, che succede? Sei tu che hai chiesto di parlarmi.

⁃ Scusa, è che… Dunque sei Dores?

⁃ Sì,“D” sta per Dores, con quel che ne segue, i cognomi della madre e del padre. In fondo è come Dora, no? E te, Nedo e per di più Favati! Dovrebbero arrestare te, per il nome e il cognome!

⁃ Non me lo dire, i nomi sono conseguenza delle cose e per forza vanno male…

⁃ Ora non ti buttare troppo giù.

⁃ Dovrei essere io a dirtelo, Dores, puoi uscire se vuoi, se dici ciò che sai e chi sai…

⁃ No, non farò arrestare nessuno, nessuna donna, sono io responsabile della loro disperata follia!

⁃ Capisco.

⁃ Se le indagini faranno il loro corso, allora non potrò farci nulla: la vita è insensata e non ci sono amuleti di sorta. Ma non sarò io a fare nomi…

⁃ Va bene, come stai?

⁃ Me la cavo, mi rispettano, credo, qualcuna mi guarda, un carcere è un carcere, non dovrebbero esistere né male, né prigioni.

⁃ Resisti, Dores, ti prego.

⁃ Farò del mio meglio; senti, te non tornare, potrebbe essere lunga, lascia perdere, è andata così. Mi dispiace tanto.

⁃ Farò quello che credo, è un paese libero…

⁃ Bella battuta!

⁃ Scusa. Ti aspetto.

⁃ Fa’ come vuoi…

⁃ Ma va bene per te?

Está bem.

Il tempo era finito. Il commissario mise una mano al vetro, Dores in qualche modo con manette e imbarazzo fece altrettanto, ma sorrise. E questo fu tutto. La guardia carceraria la riportò via, dentro, e lui si precipitò all’uscita, fuori, perché aveva bisogno di spazio e di respiro.

Nei giorni seguenti riposò, finì il libro, si fece passare la voglia di leggere, passeggiò per Mindelo. Guardava i pescatori, le barche colorate, il mare. Alla spiaggia della Laginha, fece il bagno, prese il sole. La notte sopportò l’insonnia dei vecchi. Stette presso di sé, ma non si sentiva più solo.

Finalmente si decise a telefonare a Perez. Gli chiese se ci fossero novità. Il comandante rispose che no, non ce n’erano, nessuna novità. Lo sai che non è stata lei, gli disse il commissario. Può darsi, fu la replica, due pugnali, due donne, ma se la signora Carneiro eccetera eccetera non parla, non so che farci, è pur sempre la principale indiziata: abbiamo trovato in tasca dell’ucciso un biglietto con la sua calligrafia che lo invitava alla baia. Comunque le indagini proseguono anche per altre vie, altri indizi, e forse ne verremo a capo. Lo spero anche per te, concluse, salutando e lasciando il commissario nell’imbarazzo.

Prima vivere e poi scrivere, ma a volte scrivere è l’ultima risorsa o forse, insieme a sodad, dà speranza e sollievo. Compagnia da lontano, relazione a distanza.

Cara Dores,

spero che questa lettera, che stavolta sono io che scrivo a te, ti giunga e ti trovi bene. O meglio possibile, date le circostanze. Sono certo della tua innocenza e capisco perfino la tua reticenza solidale. Anche se sono cose che non mi sarei mai sognato di dire: un commissario non può, non potrebbe, nemmeno se ex. Ma tant’è. Sono semmai geloso, perché temo o presumo di averne motivo o forse perché, come diceva Pilar, sono solo un cretino. Scusami, anzi per questa confidenza. Sai una cosa che ho letto di Montale? Che sapeva i nomi degli alberi e degli uccelli. Ho un amico professore e scrittore che dei volatili conosce anche il fischio. Io per me non ho cultura né orecchio: riconosco a malapena i pioppi diritti e mi commuovono le striature misteriose delle cortecce, il tremolio delle foglie. Forse perché siamo così: indecifrabili, segnati e sensibili, timorosi del vento.

Tornerò a trovarti, hai bisogno di qualcosa? Ci penserà certo qualcuno della tua famiglia, ma te, comunque, fammi sapere. Puoi scrivermi, come hai sempre fatto, e non per enigmi ermetici. Liberamente vorrei dire, per quanto possibile e se non ti suona irrisorio. Non sei comunque obbligata di niente. Il sogno del prigioniero, se posso, è anche il mio e per quanto lunga sia lattesa, il mio sogno di te non è finito. Del resto così Montale, penso, lo intendesse, ma questo lo sai meglio di me. La vita è una costrizione insensata per tutti e un varco, se c’è, chissà dov’è. Non vorrei mai fosse attraverso una finestra che non si illumina e mi auguro e ti auguro invece tutto ciò che basta al tuo riscatto. Perché conoscersi non è stato un errore. A presto.

Un abbraccio

Nedo

Affrancò: Cadeia Civil da Ribeirinha, Mindelo. Spedì la lettera. Non sapeva se fosse giunta a destinazione e quando. Se senza censura. Sperava che i suoi colleghi capoverdiani fossero bravi, che le indagini portassero ad una soluzione. Per la giustizia e non soltanto. Non valeva la pena esser soli per essere sempre più soli. Forse la vita aveva ancora qualcosa in serbo, un pareggio e i tempi supplementari senza pensare ai rigori. Un extra time, se non si era già fuori tempo massimo. Poi si rese conto che queste metafore erano davvero indolenti e scontate. Nella vita, di sportivo c’è solo lo sport. Che magari aiuta. Ma il resto, tutto, è esistere. O, più semplicemente, vivere. E per la prima volta nella vita, dopo tanto tempo, voleva farlo. Avrebbe voluto. La vita raramente va come vogliamo. E ciò che vogliamo è difficile sapere.

La notte guardava le stelle che brillano da tanto tempo e ne provava pena: continuano a brillare, indifferenti, sulla stanchezza delle cose, la stanchezza di esistere e potrebbero già essersi spente. Sotto ogni cielo stellato, ogni levarsi e tramontare del sole e sorgere della luna sul mondo, morte, dolore e tristezza bastano e avanzano. Ci sarà chi, ricambiata, ci ami e ci consoli, verrà un tempo e una ragione per la felicità e il sorriso. E che il male di vivere ci sia risparmiato o anche solo perdonato.

Marco Celati

Pontedera, Giugno 2023

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P.S. Chiedo scusa a tutti, quelli bravi specialmente, per le mie incursioni insulse e arbitrarie nei territori montaliani. Ci sono anche Pessoa e perfino, nemmeno virgolettati, Pavese e un passo della Tosca. Lo dico, non per spocchia, ma per mettere le mani avanti con chi li riconoscesse. Non copio, prendo in prestito, cito. Quindi copio. E saccheggio quel poco che so di Montale. Ossi di Seppia, le Occasioni, Satura, la Bufera e altro, nel senso non del titolo, ma proprio di altro. Non so se c’è un varco, nessuno lo sa: certo, non chi vuole, ma chi ha saputo farlo sinfinita. Così è per Montale che dallinfinito nemmeno mi calcola, ma a me anche solo unindifferenza, più o meno divertita, basterebbe. Mi potrebbe consolare. Cesária Évora spero capirà: forse è ancora là, a piedi scalzi, che canta sulla Praia di Salamansa. Ringrazio infine per la consulenza Fausto Pirito, compagno di scuola, giornalista, scrittore, critico musicale, esule felice in Portogallo e, per il creolo capoverdiano, Marco Abbondanza, Direttore del Festival Sete Sóis Sete Luas. È al Festival che si deve, tra tanto altro, la desiderosa conoscenza di Capo Verde.

“Pic nic na Salamansa”, Cesária Évora

https://youtu.be/m6Z3vNEJjjY

Marco Celati

Cesária Évora - Pic Nic Na Salamansa

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